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Cinquant'anni, un solo Pier Paolo Pasolini | Fifty years and just one Pier Paolo Pasolini

Updated: Nov 8

Le festività dei morti quest’anno sembrano essere arrivate più rapidamente, portandosi via gli umori dell’estate sopravvissuti all’ingiallire delle foglie, sebbene le strade si riempiano degli odori che associamo all’autunno mentre il sole è spesso ancora caldo sopra le nostre teste e le temperature siano rimaste miti. Negli anni, questa ricorrenza per me si è legata sempre più profondamente a un anniversario più specifico: quello del martirio che si è consumato nella notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975 all’idroscalo di Ostia, in cui Pier Paolo Pasolini ha perso la vita. Il sopraggiungere di questo momento in cui l’estate e l’autunno si incontrano, vita e morte si toccano, è per me, come per tanti, occasione per ricordare l’episodio che ha condannato al silenzio un personaggio così pieno di desiderio di raccontare la vita.

 

Complice la prossimità geografica di Trieste, quest’anno ho deciso di andare a trovare Pasolini a Casarsa della Delizia, il paesino friulano di cui l’amatissima madre Susanna era originaria. Le loro lapidi sono affiancate, grigie, semplici, collocate a fianco all’ingresso del cimitero, all’ombra di un verdissimo alloro. L’occasione è speciale: domenica saranno cinquant’anni che Pasolini riposa nel paradiso perduto friulano che ha a lungo romanticizzato, fino a trasformarlo in un luogo poetico e introiettarne la lingua, che ha scelto come forma di espressione della sua prima poesia, nella raccolta del suo debutto, intitolata appunto Poesie a Casarsa. Da quando frequento quest’angolo nordorientale del Paese, mi sono già recato più volte a visitare il sepolcro di Pier Paolo, come spesso è nominato tra gli studiosi locali, come fosse un amico piuttosto che un oggetto di studio e venerazione. Il cimitero si trova non lontano dal Centro Studi Pasolini di Casarsa, che è frequentato da personaggi legati a vario titolo all’autore: la prima volta, ci sono stato insieme ad alcuni colleghi intervenuti ad un evento lì organizzato.

 

È destabilizzante pensare che, appena tre anni fa, il Paese si vestiva di celebrazioni per festeggiare la nascita di Pasolini: in quell’occasione, mi trovavo a Long Beach, California, organizzando una giornata di studi molto intensa per festeggiarlo in trasferta. Il progetto TransIT aveva appena avuto avvio e avevo riunito i maggiori critici pasoliniani di stanza tra California e Regno Unito, alcuni in loco, altri in collegamento digitale, per discutere dell’eredità che l’autore ha lasciato tra le sponde dell’Oceano. Il cinquantesimo anniversario del suo doloroso congedo, invece, mi coglie a pochi chilometri dalla sua Casarsa, e per la commemorazione della sua morte ho pensato a un’occasione più intima e raccolta, affidando i miei pensieri alla lettura silenziosa di un volume di imminente uscita per Feltrinelli. Ho deciso di dedicargli qualche riga anche su questo blog, dopo essere intervenuto per ricordarne la figura su vari giornali cartacei e digitali nel corso della settimana.

 

Dietro un anniversario, se ne cela un altro: quello che mi ricorda che sono legato a quest’autore ormai da vent’anni. In occasione del trentesimo anniversario della sua tragica scomparsa, quando ero da poco laureato, a Napoli, un amico mi aveva invitato a organizzare una piccola rassegna cinematografica per il Teatro Galleria Toledo. In quel periodo, avevo discusso da poco la mia tesi di laurea dedicata al teatro di Pasolini: un autore che mi era capitato quasi per caso, su suggerimento del relatore di letteratura italiana contemporanea alla Federico II, dove ho studiato. All’epoca mi occupavo soprattutto di teatro e cinema, guardavo i suoi film mentre esploravo avidamente le centinaia e centinaia di pagine che aveva scritto, e che i critici avevano scritto su di lui. Avevamo concordato di proiettare un film scelto dal mio amico, Accattone; un film che avevo scelto io, Teorema; e poi i corti e medi metraggi che erano all’epoca particolarmente difficili da reperire. In realtà, li avevo messi in programma motivato dal desiderio di vederli per la prima volta io medesimo. La rassegna fu un successo, la sala andò esaurita: numeri che quella rassegna non aveva mai visto. Proprio in quella occasione, avevo capito di avere tra le mani un autore che meritava una dedizione speciale. Poter vedere Accattone in pellicola – all’epoca la circolazione delle copie digitali era molto limitata – mi emozionò in modi che non credo di aver trovato negli anni un modo di descrivere: nel suo formato originale, i bianchi e neri del film avevano una densità impossibile da riprodurre nelle copie in VHS che avevo reperito, e creavano contrasti che sembravano incisi in rilievo sullo schermo. Sembra di parlare di un passato remoto, eppure si tratta di appena vent’anni fa, in cui la velocità di trasmissione telematica dei dati era molto limitata, e anche i DVD giravano ancora pochissimo, soprattutto a Napoli. I prezzi inaccessibili alle tasche di uno studente universitario poco più che ventenne rendevano la circolazione ancora più difficoltosa.

 

Più di recente, Pasolini ha ispirato il progetto postdottorale che ha generato questa piattaforma digitale, oltre alla mia conversione agli studi culturali. Anche se in modo più indiretto rispetto al progetto per il dottorato di ricerca in letteratura comparata, che lo ha visto protagonista, è al suo atteggiamento di confronto con la parola degli altri che mi sono ispirato come comparatista, ed è la sua opera che ho avuto come riferimento mentre riflettevo sul modello teorico della molteplicità, la sua apertura e curiosità, a volte spregiudicata, ha guidato la selezione dei testi. Pasolini c’è, nell spirito, sebbene abbia deciso di non includere suoi lavori nell’antologia bilingue che ho poi allestito, almeno per il momento, poiché anche leggendo le sue pagine dedicate all’emigrazione dal Friuli, continuo a sentirlo come un autore che fa categoria a sé, che è difficile inserire in un discorso collettivo sulla diaspora italiana. Come è successo a molti, ogni volta che ho provato a liberarmi di Pasolini, è tornato a cercarmi, seducendomi nuovamente, e negli ultimi anni ho ormai accettato la sua presenza, con la sua voce che torna a suggerirmi un’espressione tratta da uno scritto corsaro o una riga della sua poesia più politica, una battuta del suo teatro o uno sguardo di quelli suoi tipici con cui ti osserva da una delle fotografie in cui ti imbatti costantemente.

 

L’appuntamento è al cimitero di Casarsa alle 10 di domenica mattina, dove ci racconteremo con gli sguardi quel momento brutale in cui la nazione si è risvegliata di fronte al cadavere di Pasolini. Vita e morte, nella sua opera, sono stati descritti nella loro prossimità, hanno accompagnato le avventure dei suoi ragazzetti delle borgate romane e delle campagne friulane, e mi auguro che nessuno sarà sorpreso se ancora una volta, approfitterò di questo anniversario per trasferirne la commemorazione della morte e celebrarne, piuttosto, l’opera: quella di un uomo riprodotta attraverso il sorriso trasmesso da una moltitudine di fotografie, quella di un intellettuale instancabile che lottava contro i poteri costituiti e la corruzione per la libertà, quella di un autore che non accettava nessun tipi di censura, quello di un uomo che non aveva mai sviluppato confidenza con il compromesso. In un’epoca in cui sembra che tutti si aspettino di ottenere risposte semplici, o semplicistiche alle loro domande e ai problemi che ci circondando, il mio invito è quello di tornare a leggere Pasolini, anche se crediamo di averne letto abbastanza: c’è sicuramente una parte della sua opera che non abbiamo ancora esplorato. Leggiamo Pasolini per ritrovare l’idea di confrontarsi con un mondo che non risponde alle domande con soluzioni nette, in cui i neri e bianchi sono stemperati da una molteplicità di gradazioni di grigio.

 

Per questo motivo, un invito a leggere Pasolini significa prima di tutto educare alla complessità. Leggere un’opera di Pasolini, per dirla così, non è come leggere un’opera di un altro scrittore del periodo, né di un periodo precedente: ci si confronta, quale che sia il testo, con la forte presenza dell’autore, non solo con il suo sguardo o la sua prospettiva, ma con il coinvolgimento richiesto durante la fruizione: bisogna diventarne complici. Che si leggano i sui “classici” dalla poesia in friulano di Poesie a Casarsa ai poemetti di Le ceneri di Gramsci, o viceversa, dai racconti romani di Ragazzi di vita a quelli di ambiente friulano in Il sogno di una cosa, fino ai testi narrativi più sperimentali, come Teorema e Petrolio, o ancora dai testi più citati, per esempio i saggi apparsi nei quotidiani degli anni Settanta, raccolti nelle Lettere luterane o negli Scritti corsari, ai testi ritenuti più periferici, come il diario di viaggio raccontato in L’odore dell’India, significa entrare in rapporto con l’autore, confrontarvisi, parteggiare con lui o contro di lui, amarlo, detestarlo, criticarlo, rivalutarlo, perfino arrivare a dire: va bene, questa qui forse avrebbe potuto risparmiarsela. In ogni caso, l’unica arma per condannare gli assassini di Pasolini è quella di continuare a leggerlo e discuterne, di ricordare che la sua parola è più viva che mai.


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The commemorations of the dead seem to have arrived quickly this year, taking away the summer moods that survived the yellowing of the leaves, even though the streets are filled with the scents we associate with autumn while the sun is often still warm above our heads and temperatures remain mild. Over the years, this holiday has become increasingly connected for me to a more specific anniversary: that of the martyrdom that took place on the night between November 1 and 2, 1975, on the Ostia beach, where Pier Paolo Pasolini lost his life. The arrival of this moment when summer and autumn meet, life and death touch, is for me, as for many, an opportunity to remember the episode that condemned to silence a figure so full of desire to recount life.


Thanks to the geographical proximity of Trieste, this year I decided to visit Pasolini in Casarsa della Delizia, the small village in Friuli where his beloved mother Susanna was born. Their gravestones stand side by side, gray and simple, located next to the cemetery gate, in the shade of a green laurel tree. The occasion is special: on Sunday, it will be fifty years since Pasolini has been resting in the lost paradise of Friuli, which he romanticized for so long: to the extent to transform it into a poetic place and internalize its language, which he chose as the form of expression for his first poem, in his debut collection Poesie a Casarsa (Poems in Casarsa). Since I have been visiting this northeastern corner of the country, I have already visited several times Pier Paolo's tomb: he is often referred as such by local scholars, as if he were a friend rather than an object of study and veneration. The cemetery is located not far from the Casarsa Pasolini Study Center, which is frequented by people connected in various ways to the author: the first time I visited the cemetery, I was with some colleagues who were attending an event there organized.


It is quite unsettling to think that, just three years ago, the country was decked out in celebrations to commemorate Pasolini's birth: on that occasion, I was in Long Beach, California, organizing a very intense study day to celebrate him abroad. The TransIT project had just started, and I had brought together the leading Pasolini critics based in California and the United Kingdom, some on site, others connected digitally, to discuss the legacy that the author left on both sides of the Ocean. The fiftieth anniversary of his painful departure finds me a few miles from his Casarsa, and for the commemoration of his death, I thought of a more intimate and collected occasion, entrusting my thoughts to the silent reading of a volume soon to be published by Feltrinelli. I decided to dedicate a few lines to him on this blog as well, after writing about him in various print and digital newspapers throughout the week.


Behind one anniversary lies another: the one that reminds me that I have been connected to this author for twenty years now. On the thirtieth anniversary of his tragic death, when I had just graduated in Naples, a friend invited me to organize a small film festival for the Teatro Galleria Toledo. At that time, I had recently discussed my thesis on Pasolini's theater: Pasolini had come across almost by chance, on the suggestion of my contemporary Italian literature supervisor at Federico II, where I studied. At the time, I was mainly interested in theater and cinema: I watched his films while eagerly exploring the hundreds and hundreds of pages he had written and that critics had written about him. We agreed to screen a film chosen by my friend, Accattone; a film I had chosen, Teorema; and his the short and medium-length films, that were particularly difficult to find at the time. In truth, I had programmed them because I wanted to see them for the first time myself. The festival was a success, the theater was sold out: numbers that the festival had never seen before. It was on that occasion that I realized I had an author in my hands who deserved special dedication. Being able to see Accattone on film—at the time, the circulation of digital copies was very limited—made me emotional in ways I don't think I have learned to describe, over the years: in its original format, the black and white of the film have a density that is impossible to reproduce in the VHS copies I found, the contrasts between them seemed to be engraved in relief on the screen. It seems like we are talking about a distant past, yet it was only twenty years ago, when the speed of data transmission was very limited, and even DVDs were still very rare, especially in Naples. Their prices, which were unaffordable for a university student in his early twenties, made their circulation even more difficult.


More recently, Pasolini inspired the postdoctoral project that led to this digital platform, along with my conversion to cultural studies. Although more indirectly than in my doctoral project in comparative literature, which focused on Pasolini, his attitude of engaging with the words of others inspired me as a comparatist, and his work served as a reference when reflecting on the theoretical model of multiplicity. His openness and curiosity, sometimes uninhibited, guided my selection of texts. Pasolini is here, in spirit, although I decided not to include his works in the bilingual anthology I created, at least for the moment, because even when reading his pages dedicated to emigration from Friuli, I feel that he is an author in a category of his own, difficult to include in a collective discourse on the Italian diaspora. As has happened to many, every time I tried to free myself from Pasolini, he came back to me, seducing me again, and in recent years I have now accepted his presence, with his voice returning to suggest an expression taken from a pirate writing or a line from his most political poetry, a line from his theater or one of his typical glances with which he observes you from one of the photographs you constantly come across.


The appointment is at the cemetery in Casarsa at 10 a.m. on Sunday morning, where we will silently recount with our eyes that brutal moment when the nation awoke to the sight of Pasolini's corpse. Life and death, in his work, were described in their proximity, both emerging in the adventures of his boys from the Roman suburbs and the Friulian countryside. I hope no one will be surprised if, once again, I will take advantage of this anniversary to shift the commemoration of his death and celebrate, instead, the work: that of a man reproduced through the smile conveyed by a multitude of photographs, that of a tireless intellectual who fought against the powers that be and corruption for freedom, that of an author who did not accept any kind of censorship, that of an individual who never developed a comfort with compromise. At a time when everyone seems to expect simple or simplistic answers to their questions and the problems that surround us, I invite you to read Pasolini, even if we believe we have read enough of his work: there is certainly a part of his estensive oeuvre that we have not yet explored. Let us read Pasolini to rediscover the idea of confronting a world that does not answer questions with clear-cut solutions, in which black and white are tempered by a multitude of shades of gray. For this reason, an invitation to read Pasolini means first and foremost educating ourselves about complexity. Reading a work by Pasolini, so to speak, is not like reading a work by another writer of the period, or of a previous period: whatever the text, we are confronted with the strong presence of the author, not only with his gaze or his perspective, but with the involvement required during the reading: we must become accomplices. Whether you read his ‘classics’, from the Friulian poetry of Poesie a Casarsa to the poems from Le ceneri di Gramsci, his Roman stories in Ragazzi di vita or those set in Friuli in Il sogno di una cosa, his experimental narratives such as Teorema and Petrolio or the essays that appeared in newspapers in the 1970s, collected in Lettere luterane or Scritti corsari, to the more peripheral texts, such as the travel diary L'odore dell'India, you enter into a relationship with the author, confront him, side with him or against him, love him, hate him, criticize him, reevaluate him, even going so far as to say: okay, maybe he could have spared us this one. In any case, the only weapon to condemn Pasolini's murderers is to continue reading and discussing his work, to remember that his words are more alive today than ever.

 
 
 

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